C’ero o non c’ero? Il falso ricordo nella psicoterapia individuale

Sentiamo spesso parlare della bugia patologica: questa condizione porta la persona a ricorrere frequentemente e spesso (addirittura immotivatamente) alla menzogna.

La confabulazione, al contrario, è un falso ricordo che si costruisce in condizioni particolari: un esempio classico sono alcune storie legate alla nostra infanzia, raccontateci dai parenti talmente tante volte da aver fatto quel racconto nostro.

Un altro esempio famoso è la cosiddetta suggestione, ovvero quella situazione nella quale un individuo riesce a indurre una convinzione in un altro soggetto.

La bugia patologica

Prima di analizzare nel dettaglio la confabulazione, è giusto fare alcune precisazioni riguardo alcune caratteristiche della bugia patologica:

  • Non si tratta di un disturbo in sé, bensì di una caratteristica sottostante ad altri disturbi, ragione per cui nella psicoterapia individuale cognitivo comportamentale viene indagata principalmente per comprendere il reale problema sottostante;
  • La bugia patologica non ha sempre uno scopo, anzi: spesso il suo utilizzo diventa talmente frequente da impedire all’individuo di “farne a meno”, diventa perciò impossibile per questa persona descrivere una realtà oggettiva.

Storia del falso ricordo

Un ricordo falsato non genera di per sé un problema: si può esser convinti o ricordare erroneamente di aver lanciato o meno un sasso, aver fatto una marachella, aver difeso od offeso un amico senza che ciò influenzi particolarmente la nostra vita.

Il problema vero sorge dal fatto che la confabulazione fu scoperta non in un laboratorio di psicologia ma in un commissariato di polizia: alcuni agenti iniziarono a notare come i ricordi di alcuni testimoni di situazioni estreme (omicidi o violenze) fossero in qualche modo inesatti e, dopo ulteriori verifiche, scoprirono la loro falsità.

Alcuni, infatti, sostenevano di aver veduto un killer in volto quando questi utilizzava una maschera.

Stavano mentendo? In realtà no, almeno non del tutto: si trovavano sul luogo ed avevano assistito alla scena del delitto, ma in una prospettiva dalla quale non potevano vedere il volto dell’assassino.

La psicoterapia individuale cognitivo comportamentale ha indagato il fenomeno, notando che nella maggior parte dei casi, la produzione di un falso ricordo viene attuata soprattutto da soggetti fragili o bambini e da situazioni stressanti (in questo caso, l’interrogatorio di un poliziotto alla ricerca di un criminale).

Le cause in psicologia

Nel corso degli anni, numerosi psicologi si sono cimentati nella ricerca della motivazione del falso ricordo: appurato che esistano talvolta cause di tipo organico, consistenti perlopiù in alcune lesioni di specifiche aree cerebrali, ci sono diverse motivazioni che portano alla confabulazione, in psicologia.

L’influenza di figure autoritarie

Lo psicologo Piaget raccontò di un suo rapimento quando egli era ancora in fasce, annettendo dettagli e particolari; anni dopo, la sua tata confessò che questo rapimento non era mai avvenuto.

Allo stesso modo, è stato studiato che molti ricordi d’infanzia che crediamo “nostri”, sono in realtà ricostruzioni basate su informazioni ottenute da parenti e amici di famiglia; così accade che si possa essere convintissimi di ricordi ottenuti per esempio tramite ipnosi, ma spesso questi sono fortemente influenzati dall’autorità che consciamente o inconsciamente assegniamo al terapeuta.

La memoria collettiva

Può accadere che si ricordi un evento in una determinata maniera, ma incontrando un amico presente quel giorno, egli ce lo racconti in modo diverso, e una terza persona, una quarta e una quinta sostengano la sua tesi.

A quel punto cosa pensereste? La teoria della visione costruttiva della memoria sostiene che siano i nostri ragionamenti a influenzare la memoria e non viceversa, come spesso si pensava.

Il lavoro di psicoterapia individuale svolto in studio con una psicologa aiuta a cogliere i fattori che portano alla genesi di un falso ricordo.